Silenziosa ondeggia seguendo regole improvvisate,
cala leggera verso il suolo inventandosi una musicalità tutta sua e si appoggia un po' ovunque
dando una pennellata di luminosità anche a ciò che tenta di nascondersi nell'ombra.
Sfiora, tocca, carezza, si appoggia, si attacca, si ferma come a ricoprire tutto in un debole ma portentoso abbraccio chiaro e brillante.
Sembra riuscire a sfidare ogni regola,
ogni ruolo,
ogni orario impostato dal proprio esistere all'interno della società.
Sembra essere capace di sfidare persino la forza di gravità,
restando aggrappata ad ogni superficie verticale, nascosta, in ombra, inclinata e scivolosa,
come se niente potesse impedirle di appoggiare su ogni cosa un ondeggiante mantello bianco.
Si abbandona sulle superfici come collante di universi appartenenti a
tempi diversi;
collante di vite passate e prensenti,
collante tra
l'insabilità inquieta dell'adolescenza e il tepore illusorio dell'età
adulta.
Accompagna i sorrisi dei bambini che vedendola non riescono a far altro se non correrle incontro; culla i pensieri degli adolescenti, insicuri,
in equilibrio tra la voglia di sbilanciarsi verso la parte di sè che ancora li trattiene nell'infanzia
e quello strano senso di dovere che già caratterizza la loro parte adulta.
Dondola i "grandi",
solo quelli ancora capaci di guardarsi intorno,
di vederla per quella che è,
e non per quella che la routine, il traffico, le strade l'hanno fatta diventare.
Solo quelli in grado di vederla davvero possono riuscire ad apprezzarla,
a cogliere ciò che ancora può raccontar loro.
Così, chi si lascia andare,
chi abbandona le lancette dei propri orologi e si abbandona tra le sue braccia,
in balia dell'immaginazione,
chi si perde tra le foglie che acquistano un nuovo colore
ed ogni cosa che sembra essere circondata da una soffice cornice di bianco,
chi lancia il proprio sguardo tra i dettagli che solo la neve riesce a rimarcare,
ha imparato la più sincera lezione che lei possa mai insegnare.