sabato 26 gennaio 2013

immobile

Alla fine tutto appare piatto come l'acqua immobile di una pozza, di un lago, di un mare od oceano che sia.
Le cose sembrano paralizzarsi sotto il mio sguardo opaco e cupo, e anche ciò che possedeva in sè la forza della dinamicità, se ne sente privato e assume quella staticità che sembra propria dei corpi senz'anima.
Le persone si fermano, perdono il movimento, i loro muscoli si atrofizzano e sui loro volti sembra passare l'ombra fugace di un interrogativo che mai riceverà risposta.
Guardo i tram sulle rotaie e anche quelli rallentano per fermarsi sul ferro che indica loro la strada giusta; sono belli, sembrano aver trovato la loro dimensione, affondando i loro grandi piedi nella terra ed allungandosi con le braccia fino a toccare un cielo non troppo lontano.
Tutto rallenta, tutto diventa immobile. 
La staticità a tratti diventa un assordante silenzio, sembra sprofondare con le sue lunghissime unghie appuntite nella mia pelle, provocandomi un dolore costante, col quale però, in qualche modo, per spirito di sopravvivenza si impara a convivere.
La staticità, piatta, distesa, costante, implacabile fermezza del fissare, dell'incantarsi con lo sguardo, del trattenere le palpebre aperte perchè costretti a non chiuderle.
La staticità del mare, che d'inverno, sembra congelare sotto la coperta innevata di un gennaio che volge al termine.

Ed è proprio allora che, ti rendi conto di esserti fermata con tutto il resto, di aver perso il movimento nel volto, nelle labbra, negli occhi; fissando ciò che resta ti sei fermata con tutto quello che ti circondava ed era stato privato della sua motilità.

Sarà col tempo, fissando un punto apparentemente nel vuoto che scoprirai che qualcosa ancora si muove, che niente mai è completamente fermo nè è fermo per sempre.